Le ferite possono essere più o meno estese, superficiali oppure profonde a seconda che interessino la sola cute o anche le strutture anatomiche sottostanti, come i tendini e i muscoli.
Le ferite del capo, del torace e dell’addome possono essere talmente profonde da coinvolgere nella rottura anche gli organi contenuti rispettivamente nel cranio, nella gabbia toracica e nella cavità addominale; in questo caso vengono dette ferite penetranti.
Le ferite assumono aspetti diversi in base alla causa che le ha provocate; sotto tale aspetto distinguiamo:
- ferite lacero-contuse: con schiacciamento e strappamento irregolare della pelle, provocate dall’urto contro un ostacolo rigido, smussato;
- ferite da taglio: lacerazioni nette, provocate da strumenti affilati, come un coltello, una sottile lamiera, un coccio di vetro;
- ferite da punta e da punta-taglio, provocate dalla penetrazione di uno strumento appuntito ed eventualmente tagliente (chiodo, spillone, coltello, freccia, …);
- ferite d’arma da fuoco, provocate dalla penetrazione di proiettili. Le ferite da punta, da punta-taglio e da fuoco sono le più pericolose perché possono penetrare nelle zone profonde del corpo e ledere organi vitali, grossi vasi sanguigni, visceri, provocando rapidamente la morte o comunque gravi emorragie e gravi infezioni.
I PERICOLI CONNESSI ALLE FERITE
L’immediato pericolo di una ferita è costituito dalla perdita di sangue che essa comporta, per la rottura di vasi sanguigni (emorragia).
Nella maggior parte dei casi si tratta di vasi di piccolo calibro che in pochi minuti cessano spontaneamente di sanguinare ( avviene cioè un’emostasi spontanea).
Quando la rottura interessa vasi di calibro più grosso l’emostasi spontanea può richiedere più tempo o, eccezionalmente, non avviene affatto, con il grave pericolo di un’eccessiva perdita di sangue e conseguente alterazione, più o meno grave, della funzione cardiocircolatoria (ricordiamo che nell’adulto sono normalmente presenti circa 5 litri di sangue circolante).
Se la lacerazione interessa grosse arterie l’emorragia sarà rapida ed imponente e solo un tempestivo soccorso potrà salvare la vita del paziente.
Le emorragie superficiali, esterne, sono facilmente individuabili, mentre le ferite penetranti possono causare emorragie interne non visibili, ma che rapidamente compromettono la funzione cardiocircolatoria, provocando nel paziente alterazioni del polso sempre più accentuate e uno stato di generale malessere sempre più intenso, con spossatezza, sudorazione e pallore (stato di shock).
Un secondo pericolo connesso alle ferite è quello delle infezioni. Le infezioni sono malattie causate da microbi penetrati attraverso la breccia aperta dalla ferita; alcuni di questi microbi sono in grado di provocare malattie molto gravi all’organismo, anche mortali.
Tra le tante ricordiamo in particolare il tetano, una malattia contro la quale non esiste tuttora una cura efficace che possa combatterlo una volta presente. I nostri sforzi sono concentrati allora nella prevenzione della malattia stessa, cosa possibile con la somministrazione di un vaccino e di un siero specifici.
Pertanto, di fronte ad una ferita, è sempre necessario provvedere, al massimo entro 24 ore, al trattamento antitetanico, a meno che il paziente non sia già regolarmente vaccinato.
IL PRIMO SOCCORSO NELLE FERITE
Consideriamo le diverse circostanze:
se, al momento del soccorso, l’emorragia è ancora presente comprimere la ferita per alcuni minuti con compresse sterili o pulite, tenendo sollevato l’arto eventualmente interessato; ciò è quasi sempre sufficiente ad accelerare la spontanea cessazione del sanguinamento; una volta cessata l’emorragia medicare la ferita, detergere cioè la cute circostante con acqua, acqua e sapone o acqua ossigenata, disinfettare la cute circostante, ricoprire con compresse sterili o pulite e fasciare; ciò costituirà una prima barriera contro l’ulteriore penetrazione di microbi e darà sollievo alla persona;
se l’emorragia non si arresta spontaneamente praticare allora un bendaggio compressivo che possa sostituire la compressione manuale prima esercitata;
di fronte ad una emorragia imponente, non controllabile con un bendaggio compressivo, mantenere la compressione manuale o, se la ferita interessa un arto, applicare un laccio emostatico a monte della ferita, mai però sotto il gomito o sotto il ginocchio; infatti per essere efficace il laccio deve essere applicato tra la spalla e il gomito o tra l’inguine e il ginocchio; un laccio efficace si ottiene annodando una striscia di stoffa arrotolata attorno al braccio o alla coscia, mantenendola larga, senza stringere; al di sotto si introduce poi un bastoncino rigido e si comincia ad attorcigliare l’anello di stoffa, stringendolo sempre di più, finché non vediamo cessare l’emorragia; si termina fissando il bastoncino all’arto, con un cerotto o un cordone, affinché, mollandolo, non si srotoli il laccio; è bene ricorrere al laccio solo in casi estremi; quando si è costretti a farlo ricordarsi di segnare sempre l’ora in cui lo si è applicato, in modo chiaro e ben visibile, sul paziente stesso; se i tempi di soccorso si prolungano allentare il laccio ogni ora per 5 o 6 minuti, durante i quali andrà ripresa la compressione manuale della ferita; la rimozione definitiva del laccio dovrà esser fatta solo da un medico;
nel caso di ferite da punta o da arma da fuoco al capo, al torace o all’addome, senza un’apparente emorragia esterna, dovranno essere attentamente sorvegliate le funzioni vitali.