8 YAMAHA in TUNISIA-"Dune Bastarde"

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8 YAMAHA in TUNISIA-"Dune Bastarde"

Messaggioda doctorluca » 25/11/2011, 19:00

Pubblico il diario di questo viaggio fatto nel 2003 in tunisia,in realta' l'autore e' Giorgio,mio carissimo amico e compagno di (s)ventura...
per lui era la prima volta sulla sabbia e in questo modo l'ha vissuta scrivendo secondo me un gran bel raccondo....
spero vi piaccia.....
alla fine trovate il link con le foto




Dune bastarde a Ksàr Ghilane.

Tra epica e sfaika.
Il racconto di viaggio si può dire sia il primo genere nato in letteratura, da Omero e l’Odissea, passando per Goethe e Stendhal è, per la sfaika di chi leggerà, arrivato fino a me, ma il viaggiatore ha da sempre la necessità di condividere e raccontare ciò che ha penetrato i suoi occhi e il suo cuore.
Un viaggio parte sempre molto prima di compiere il primo passo e questo non fa eccezione.
Parte dal sogno, dall’emozione agognata dell’ignoto, di trovare e superare paure e limiti dell’io profondo e ritrovare se stessi e, in questo caso, la propria fisicità perduta. Con meno poesia: un culo bestiale.
Non puoi capire una duna finche non ci sei sopra, con la tua moto, a piedi nudi o, nel mio caso, disteso a zerbino.
Un viaggio è movimento, e ogni viaggiatore crea un legame particolare con il suo mezzo, perché è con esso che si genera il movimento. Con la moto, come già descritto da Pirsig (Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta), questo legame devi avercelo, forse più che con un animale, anche perché può farti molto più male.


La volpe del deserto.
Libia, Turchia, Tunisia, migliaia di kilometri di sabbia e pietre su cui si è costruito il mito dell’XT 600 e dei suoi succedanei (Teneré, TT, ecc.). Un mito tecnologicamente superato, ma che come tutti i miti ha un grande cuore. Abbandonata da anni, con ferite ancora intrise di sabbia e mille cicatrici sul corpo, la “volpe del deserto”si è rigenerata come la fenice e dopo un mese di commosse cure ha ripreso la sua corsa. Qualche cavallo in meno, il solito orribile serbatoio da 20 litri e soprattuto un nuovo inesperto “driver” da svezzare sulle dune bastarde di Ksàr Ghilane.
Immagine
Così comincia il viaggio.
Mio fratello Sergio abbandona l’usuale parsimonia, compra un TTE e mi passa la vecchia “volpe”.
Frasi tra noi come ... certo che sarebbe bello … si potrebbe … ma Dario non ha più la moto ..anche se non siamo più giovani .. sono il nostro incipit. Piano, piano ci si organizza, un viaggio turistico, il giro dello Chott, facile facile, OK si parte il primo gennaio!
Seguono, per quelli con moglie e figli come me, striscianti manovre per ottenere il consenso della famiglia ..mi hanno regalato una vecchia moto .. se non vado ora, non andrò più.. Intanto ferve la preparazione: l’XT è da Cicci “meccanico di Zio”, due giorni di carburatore nella soda e .. si accende!!! Lacrime di commozione per tutti ... sono già a metà dell”opera.
A sottolineare che non sei più un ragazzo (grazie tante!) mia suocera mi regala per il 42° una meravigliosa fascia per la schiena (posso incazzarmi finche voglio, ma ha maledettamente ragione!).
Il cognato (benedetto!) mi omaggia di un vecchio paio di stivali da trial (comodissimi) dismessi dal nipotino. La Pinu, meravigliosa nell’intento di proteggermi per non farmi finire tra i suoi traumatizzati, mi prende uno stupendo casco integrale con mentoniera apribile, quanto di meno adatto al deserto ci sia. Pazienza, palo! L’adoro lo stesso e mi compro un vecchio modello di Bieffe da enduro in liquidazione. Vado da Cicci e ritiro la “volpe”, devo fare un po di pratica.Settimane lavorative orribili, faccio 30 km. su asfalto e non mi sento affatto pronto, per di più ho grossi problemi di avviamento, feeling con il mezzo zero! La riporto da Cicci con l’aiuto di mio fratello, finalmente dopo un’altra imposizione delle mani.. parte perfettamente, ma i miei timori sulla messa in moto persistono. Casino su orari e date: nessuno mi dice che si torna quattro giorni dopo. _____! Non posso. Devo tornare assolutamente prima! Ecco 500 km. da fare da solo nel cuore della Tunisia. Faccio lo spavaldo con la Pinu che è preoccupata quanto me, ma in realtà il pensiero mi da addosso. Vado a cambiare il casco della Pinu e mi prendo un bel paio di guanti, trovo in una svendita un bellissimo enorme zaino, prendo i tiranti e un paio di ragni, faccio e rifaccio il bagaglio togliendo e aggiungendo cose, provo a piazzarlo sull’XT, è pesantissimo ma ci sta.

Cosa portare (consigli utili col senno di poi).
Tutto ciò Vi sembrerà ovvio ma qualcosa te lo dimentichi sempre.
A gennaio il principale nemico è l’escursione termica, 22/23° di giorno 4/5° di notte e al mattino presto.

Necessaire vestiario per 10 giorni (fatevelo bastare!):
- 5 magliette della salute (se ti sudano le ascelle)
- 3/5 calze lunghe da ginnastica
- 5 mutande
- 1 jeans leggero (meglio se elasticizzato)
- 2 lacoste manica lunga
- 1 pile molto caldo
- 1 calzamaglia
- 1 berretto a cap
- 1 sacco a pelo invernale (il più piccolo possibile)
- Scarpe da ginnastica
- Asciugamano
- Kit minimo igiene personale
- 1 rotolo di carta igienica
- Giacca e pantaloni Kway
- Costume da bagno (se andate a Ksar Ghilane)

Indossate una giacca antistrappo con protezioni spalle e gomiti, una fascia per la schiena e se li avete pantaloni da cross con ginocchiere (non c’è solo sabbia).
Guanti estivi e invernali
Casco da enduro con sottocasco e occhiali (la sabbia negli occhi brucia!)
Stivali, meglio se non estremi ( dovrete anche camminare)

Altre cose:
Telefono cellulare (prende ovunque vi sia un minimo di civilità), il
costo è circa 1 euro al minuto
Torcia elettrica
Una corda per il traino
Un coltello svizzero
Una borraccia termica per l’acqua

Per l’XT: oltre a cavetti e necessaire di ferri
Camere d’aria
Un piccolo compressore per le gomme
Una piccola tanica con tubo di gomma

In Tunisia non ci sono grandi problemi di rifornimento, la benzina costa 0,60 Euro al litro, ci sono parecchi distributori 24h, ma se montate un Acerbis da 22 litri è meglio.
Genova, primo gennaio 2003.
Foto002
Appuntameno alle due all’officina di Gallo per l’ultimo check e imbarco alle sei! Saluto la Pinu e i bambini, ho un nodo in gola e un peso sul cuore, OK, vado. Nessuno mi avverte che l’imbarco è alle otto.
Ok faccio un giro e torno alle quattro. Arrivano Gallo, Sergio, Andrea, Valerio e Dario. Capisco subito che il mio bagaglio è troppo pesante. Aspettiamo Luca che è andato a prendere Fausto in arrivo da Bergamo. Razziamo i ferri, camere d’aria e qualche ricambio.
Arrivano Fausto (febbricitante) e Luca. Ci siamo tutti! Riusciamo a rappresentare quasi l’intera gamma Yamaha. 3 XT, 2TT, 3TTE, in un’arco temporale di quasi vent’anni. Andiamo all’imbarco.
Entriamo in porto ma manca qualcosa! _____! Non c’è la nave. Ha tre ore di ritardo .. pazienza. Lascio due o tre chili di bagaglio alla mamma di Dario, ma è sempre troppo. Con noi sta partendo la squadra di assistenza della Dakar, belli, forti, con le “phisique du rol”, perfettamente attrezzati, professionali. Istintivamente ci confrontiamo con sguardi fugaci e capiamo di essere diversi, senza ombra di dubbio.
Finalmente arriva la nave, OK! stiamo attenti, una facciata sul ferro della rampa di carico è lì che ci aspetta. Superiamo il difficile momento e finalmente siamo in mare. Rotta a sud.


Viaggio per mare.
Ok le moto sono sistemate ed anche noi (due cabine da 4). Quelli della Dakar vanno al ristorante. Ci piazziamo e tiriamo fuori i viveri. Panini, torta pasqualina della zia Rosetta e così via.
Iniziamo a discutere di itinerari. Fuori le cartine, il road book, la guida di Robo Gabr’Aoun, il Gps … e spunta il programma della Dakar. Valerio (nickname Gaston Rahier), è immobile, verdognolo, occhi spenti ma mobili: é vivo. Non tutti i genovesi amano il viaggio per mare.
Si formano immediatamente due fazioni: una turistica, l’altra estrema. Luca vuole andare a prendere la Dakar a El Borma. Avete presente dove cavolo è? Non solo, propone il ritorno con la traversata del grande ERG. Ma hai presente chi siamo? Prevale un po’ di buon senso, puntiamo su Tozeur, ci vediamo la Dakar che arriva da Tunisi e che riparte per El Borma. Ok, è alla nostra portata. Abbiamo però tre giorni, che facciamo nel frattempo? Beh, andiamo a prendere le dune a Ksàr Ghilane. Poi Douz e Tozeur.Segnamo la pista sul Gps, ma … l’uomo dispone e il destino impone.
Da Tunisi a Ksàr Ghilane.
Alle 16:00 del 2 gennaio scendiamo a Tunisi, un’oretta di dogana (da mettere sempre nel conto) ed è quasi buio.
Fermi all’uscita del porto chi mendica una sigaretta? Il mitico Robo Gabr’Aoun, autore della nostra guida. Nonostante il nome è un padano. Ci informa con nonchalance che parte dei punti Gps sulla guida (cioé i nostri) sono sbagliati e che ci ha messo 9 giorni a salire da El Borma via Erg (in 4x4).
OK, facciamo benzina e attraversiamo Tunisi nel’ora di punta, altro che dune!
Un pezzo di autostrada verso sud, ragazzini che ci salutano e ci tirano una bottiglia di vetro, dormiamo a Nabeul sulla costa.
Sveglia alle 6. Belin che freddo! Giù a Enfida e poi Kairouan. Belle distese di ulivi ma nel complesso due palle! Arriviamo a La Shkirra e via verso Gabès, 10 km. prima di Gabès deviamo a destra per El Hamma e ci becchiamo, come assaggio, 20 km. di tempesta di sabbia. Siamo a El Hamma, fine dell’asfalto … ringrazio Zio ed anche Allah! Rifornimento di moto e stomaco e attraversiamo il paese fino alla pipeline.
Ancora 120 km. a Ksàr Ghilane.

Cose da vedere: il cimitero di El Hamma.
Cose da sapere: la pipeline è la strada che segue l’oleodotto, uno sterrato duro, larghissimo e attraversato di frequente da lingue di sabbia.
Cose da fare: legate benissimo il vostro bagaglio.
Lancio la “volpe” e volo sullo sterrato, volo anche sulle prime due lingue di sabbia che incontro, un incontro molto molto ravvicinato.
Per fortuna solo danni morali. I ragazzi mi raccolgono e dispensano buoni consigli. Si riparte e si va via veloci 80/90 km/h. Sulla prossima sabbia terrò il gas aperto costi quel che costi. Eccola! Scalo una marcia, apro deciso metto i piedi giù. Incredibile, funziona! Sono felice!
Attenti ai piccoli uadi (formano canali trasversali stretti e profondi) se li prendi in pieno c’è da farsi davvero male.
Superiamo l’incrocio della pista per Douz e Bir Soltane e finalmente sulla destra dopo più di 100 km. di pipeline troviamo la pista per Ksàr Ghilane. Belin! È asfaltata. Andiamo controsole in direzione ovest.
L’asfalto si sbriciola sotto di noi, Luca mi spara una pietra sul torace. Male porco … così imparo a stare troppo vicino. Dopo 16 km. una striscia verde si staglia tra il rosso delle dune e il cielo terso, è Ksàr Ghilane, è l’Oasi.
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Ksàr Ghilane.
Ci fermiamo alle porte dell’oasi, sono le prime vere dune che vedo. Ci manca un chilometro per arrivare a quel verde intenso che colpisce cuore e occhi.
Apri il gas e vai! Un miracolo! L’XT galleggia con sotto metri cubi di sabbia rossa e finissima.
Tengo aperto e passo.
L’adrenalina sale, non so se per la felicità di avercela fatta o per la fatica nel tenermi in piedi. Qualcuno si insabbia di brutto. Comincia Tra noi una gara disolidarietà che durerà tutto il resto del viaggio.Entriamo nell’oasi dalla porta principale, cioè dal deserto (dopo scopriremo una comodissima strada), Un bellissimo ed elegante Tuareg a cavallo ci saluta ma è solo un’attrazione turistica. Intorno a noi il verde delle palme e una meravigliosa pozza d’acqua sorgiva limpida e calda.

Qualche notizia turistica: nell’oasi ci sono tre campeggi, uno fantastico con piscina e tende riscaldate, uno accettabile con tende tipo militare ed uno “tipico” con tende berbere. Il primo è carissimo, nel terzo le tende sono in parte aperte e si dorme su stuoie per terra (con il freddo notturno non è il massimo), come avrete capito siamo andati nel secondo.

Insomma, ci piazziamo e mentre calano le ombre della sera ci tuffiamo nella pozza. L’acqua è a 35°. Senzazioni paradisiache. La crosta di polvere della giornata si scioglie, i dolori della lunga cavalcata se ne vanno, ora rimane solo da trovare il coraggio di uscire, la temperatura esterna è sui 10/12°. Dopo aver provato l’effetto sauna finlandese si va a cena, zuppa , carne, un te al bar e poi a dormire. Nel buio della tenda Fausto ci offre un indimenticabile spettatolo di luci con il suo “laser cinese”. Ai suoni pensiamo noi.
Da Ksàr Ghilane a Douz via ... ?
Il punto interrogativo vi farà capire che a Tozeur non siamo mai arrivati. Lasciamo in custodia gran parte dei bagagli al campeggio (scarichi è un’altra cosa), e si parte. Usciamo dall’oasi e prendiamo a sinistra, tre o quattro chilometri di pista dura e sulla destra a circa un km. si staglia su un’altura il fortino. Entriamo nella sabbia e ci portiamo sotto. Una salitella finale e il forte sarà nostro. Una comitiva di francesi ci guarda dalle mura, Luca con il TTE va su come un camoscio, i francesi applaudono sinceri, prendo la rincorsa ma il motore muore a 10 metri dalla vetta, i francesi applaudono ironici, i ragazzi vanno su senza problemi, francesi in delirio, Gallo arriva velocissimo e si schianta su un mucchio di pietre, i francesi scherniscono, ci riprovo, apro deciso prima, seconda e vai! Ma non è destino. Mi fermo su un accumulo di sabbia e cado come un pirla. Folla in delirio e foto di rito.
Da lassù, nella luce del mattino, le dune e Ksàr Ghilane sono un mare con la sua isola nel mezzo. Ma non c’è tempo ci sta aspettando il Big Ben. (nota geografica: pista di Taoul el Bibene, porta dell’Erg Zmilet)
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Nota sulle dune (bastarde) e qualche consiglio (con il senno di poi … naturalmente).
Quando si pensa alle dune ci si immagina di solito dune molto grandi, alte anche 100 metri. Quelle sono in Libia. L’Erg che troviamo tra Ksàr Ghilane e Douz è formato da piccole dune di 5/6 metri fatte di una sabbia finissima (sembra talco) che ti costringono ad una guida senza requie.
Le dune si susseguono quindi è un continuo modulare il gas per mantenere la velocità di “galleggiamento”. Partire sempre in seconda e aiutarsi con i piedi, una volta presa velocità spostare il peso indietro e tenere il manubrio “morbido”. Se la ruota anteriore finisce nel solco di un precedente passaggio devi aprire ancora di più e la moto andrà come su un binario. Se non te la senti, è meglio prendere una traiettoria vergine, questo ti consente di andare un po’ più piano.
Fermarsi sempre con le due ruote oltre la cima della duna, questo vi consente di ripartire in discesa senza insabbiarvi.
Se avete la possibilità di rigonfiarle una volta arrivati sul duro, sgonfiate le gomme portandole circa a 1 atmosfera. Restate in gruppo e se cadete non ammazzatevi per tirare su la moto, calmi e sdraiati aspettate aiuto. Vi garantisco che dopo tre cadute o insabbiamenti non sapete neanche come vi chiamate dalla fatica. Se avete l’accensione a pedivella, questa diventerà il vostro peggiore incubo, pregherete il vostro Zio che vi mandi un TTE. Se siete come me andate con amici veri, forzuti e che vi vogliano veramente bene.

Ritorniamo sulla pista, ancora 5/6 km. e prendiamo a destra, direzione nord-ovest su pista dura per altri 6/7 km., a sinistra l’attacco al Big Ben (ce lo dice il Gps!).

Qui iniziano due giorni di via crucis che non dimenticherò mai.
Ci infiliamo sul Big Ben con una serie impressionante di facciate. Fausto e Sergio mi prendono in consegna, mi rialzano, mi riaccendono la moto, dopo qualche chilometro sono stanchissimo, maledisco la sabbia e prego Zio che mi mandi un’avviamento elettrico. Per fortuna arriva un pezzo di pista dura e mi riprendo.
Davanti a noi si para un cordone di dune da fare seguendo un passaggio obbligato in salita. C’è un po’di traffico nei due sensi.
Ovviamente dal nostro senso è molto più difficile.Transita un Ktm, poi due svizzeri si insabbiano di brutto (è una cosa bella da vedere) e bloccano il passaggio. Ok ci proviamo anche noi!
Luca va su senza problemi, Andrea e Gallo fanno la fine degli svizzeri in punti meno critici, io parto deciso e a manetta … è un miracolo! Faccio la prima parte e scollino quasi con eleganza … diamo una mano agli insabbiati … i ragazzi mi dicono di andare avanti.
Ok, è sempre un vantaggio essere il primo se ne hai dietro sette che ti possono spingere.
Continua il momento magico, esco non so come dal cordone e sono al settimo cielo, Luca mi raggiunge e proseguiamo.

Una scritta su un sasso dice “Café du desert 1 km.”.
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Ci arriviamo e aspettiamo gli altri. Il “Café” non è un miraggio, due tende berbere circondate da una piccola staccionata di foglie di palma e un amabile beduino che ci chiede se vogliamo té, acqua o coca-cola.
Arrivano tutti, ci sdraiamo all’ombra della tenda disfatti ma felici. Secondo il beduino barista dopo tre km. siamo fuori dalle dune e ci aspetta una pista dura e veloce, fino a Douz.
Sono troppo contento, ma la mia vittoria sulle dune del Big Ben sarà una fiamma di candela al vento del deserto. (Scusate la poesia!)
Ci lasciamo alle spalle il “Café” e ci infiliamo nuovamente nelle dune, seguiamo delle tracce senza pensare troppo, convinti che ci portino alla pista. Il Gps ci dice che stiamo andando un po’ troppo a est, ma tra un punto e l’altro non sa cosa ci sta nel mezzo. A parziale discolpa posso dire che stiamo viaggiando in direzione contraria al vento affrontando le dune sempre nel senso sbagliato, quindi siamo costretti a fare giri più o meno larghi per trovare passaggi praticabili. Attraversiamo una serie di larghi canaloni. Il Gps ci dice che siamo fuori pista di otto kilometri. A destra e a sinistra cordoni di dune. Andiamo avanti sperando di trovare un passaggio. Ormai sono le tre del pomeriggio, ci rimangono due ore di luce, la speranza di arrivare a Douz si affievolisce.
Le dune ci spingono sempre più verso est e il Gps ci dice che la pista è a 16 kilometri. Arriviamo in cima a un crinale, nella valle sottostante a 3/4 km. vediamo una costruzione a cupola. E’ un pozzo, sono le quattro. Lo raggiungiamo dopo vari insabbiamenti, il sole sta calando velocemente. Ispezioniamo l’interno, se non ci si fanno problemi di igiene è abitabile.
Sul crinale Fausto vede una piccola carovana di quattro dromedari, parte e li raggiunge e torna. I beduini ci offrono ospitalità. Accettiamo volentieri anche perché siamo veramente stanchi, senza viveri e ci rimangono solo 4 o 5 litri d’acqua che per otto persone non sono molti. Li raggiugiamo e ci accampiamo insieme a loro. Per fortuna abbiamo i sacchi a pelo. I beduini sono due, uno giovane sui vent’anni, si chiama Mohammad, l’altro Bel Ghassim sembra quasi un vecchio (ha la mia età, 43 anni). Impastoiati i dromedari, accendono il fuoco e ci offrono té, datteri e “pan de sable” una specie di pane che sta tra la piadina e il garasau.
Il giovane beduino vuole una delle nostre moto per andare a prendere dell’acqua. Si mostra molto sicuro di sé, noi siamo scettici, alla fine lo faccio salire sull’XT prova a fare tre metri e si ferma, non è capace. Sergio se lo carica dietro e parte, dopo dieci minuti li vediamo scendere a rotta di collo dal crinale, alla guida c’è Mohammad, a metà crinale Sergio, imprecando, riprende la guida. Acqua niente.
I due insistono sulla necessità di trovare dell’acqua, Mohammad ci dice che si trova a due kilometri. Parte Fausto con dietro Bel Ghassim, passa mezz’ora e iniziamo a preoccuparci, Mohammad messo alle strette confessa che per l’acqua bisogna andare indietro fino al “Café du Desert”, siamo sempre più preoccupati. Dopo un’ora nella penombra scorgiamo Fausto e Bel Ghassim in lontananza a piedi. Mentre gli corriamo incontro sentiamo urla in una lingua sconosciuta. E’ Fausto che impreca in bergamasco. Il TTE si è inchiodato in mezzo alle dune a 7/8 km. dal campo e per di più acqua niente. Belin!
Fausto è veramente depresso, cerchiamo di consolarlo ma siamo depressi anche noi. Scende la notte. Bel Ghassim ci dice che non c’è problema, domani ci farà da guida (anche perché nessuno ha la più pallida idea di dove sia il TTE) e ci riporterà sulla retta via. La pentola sul fuoco ci rende un po’ più ottimisti, Mohammad prepara una “soupe”. Ingredienti: acqua, un po’ di salsa (credo sia rissa), qualche oggetto di natura vegetale, mezza busta di gnocchetti strani (forse fatti di semola), due teste d’aglio (prima schiacciate con una pietra dentro una scatoletta di tonno arruginita). Facciamo anche il bis. Dessert: datteri. Dal bagaglio dei beduini venogono fuori anche due tende ad igloo da due posti. Le montiamo (cioè le monta Dario) e ce ne stiamo lì distesi a sparare cazzate.
Cercavamo l’avventura no?
foto 24 25
Ci sono cose che ti convincono dell’esistenza di Zio.
Il cielo del deserto è una di quelle.
Una miriade di stelle ti lascia senza fiato.
Non si riesce a raccontare quanto è grande.
A nord-ovest un bagliore ci indica Douz, il Gps ci dice che sono 60 kilometri.
Comincia a far freddo, anche i dromedari sono arrivati vicino al fuoco, saltando con le zampe legate. Andiamo a dormire, domani sarà ancora più dura.
Stare in quatrro in una tenda da due non lo consiglio a nessuno.
Ci disponiamo longitudinalmente al lato corto. Ci stiamo ma devo tenere le gambe rattrappite. Verso l’una mi sveglio, non ce la faccio più, c’è un freddo porco e le mie ginocchia reclamano il movimento.
Prendo il coraggio a due mani ed esco.
Mohammad e Bel Ghassim dormono circondati dai loro dromedari, uno di loro mi saltella dietro biascicando ma non ho niente da dargli. Il freddo è intenso e faccio qualche passo tra le dune, gli occhi mi si incollano al cielo, una, due, tre stelle cadenti. Esprimo i miei desideri, l’unico confessabile riguarda un’avviamento elettrico. Sono agitato, questo cielo mi emoziona e mi angoscia. Brividi di freddo, torno al mio giaciglio e al russare dei compagni (io russo più di tutti ma per fortuna non mi sento).
Sono le sei e mezza, la luce limpida invade la tenda. Freddo, freddo, freddo! I beduini hanno già acceso il fuoco, esco e quasi mi ci butto sopra. Tè e datteri e poi in sella, dobbiamo ritrovare il TTE. Bel Ghassim ci guida sicuro, arriviamo sopra una valletta e scendiamo a piedi tra le dune ed eccola! Ci guardiamo in faccia allibiti. Mettiamo in moto e le congetture più nefaste si allontanano (preselettore del cambio, albero motore …). E’ la frizione, micidialmente incollata, ma è la frizione. Con il freddo della notte la situazione è migliorata, non va bene ma la trasmissione prende. Torniamo al campo, e lasciamo Mohammad con i dromedari dandoci appuntamento al “café di Hadij Ibrahim”, sulla pista per Douz. Ok, siamo felici, Bel Ghassim ci conduce verso la pista. Un po’ di duro ed arriviamo ad un primo cordone di dune che sta sotto di noi. Bel Ghassim scende e si avvia a piedi nudi. Con il suo bastone ci segna il passaggio sulla sabbia. Il suo incedere ha una grazia particolare, sembra cammini a mezz’aria. Ti volti un momento e lo vedi come per magia laggiù in fondo nell’assoluto silenzio. Ti vergogni un po’ dei tuoi stivali e di quel mezzo che così rumorosamente violenta dune forse ancora vergini. Ma bisogna partire se no quello ci scappa. Mi butto giù riesco nel primo passaggio, nel secondo mi insabbio. I ragazzi mi danno una mano, ma le mie gambe non ci sono più, le ginocchia mi fanno male e il 100% dei miei muscoli è legnoso e privo di forza. In qualche modo ne esco ma non sono più lucido, cado in continuazione, la spalla destra vittima di una caduta del giorno prima mi tormenta con dolori lancinanti. Per mia fortuna si insabbiano anche gli altri così ho un po’ di riposo. Si prosegue e dopo una decina di kilometri arriviamo ad un altro cordone. Bel Ghassim giura che è l’ultimo prima della pista. Sono uno straccio.
Parte Fausto ma la frizione cede di schianto proprio nel mezzo. Kaputt! TTE finish!
E’ la mia fortuna ! Faccio in qualche modo il primo pezzo e offro l’XT a Fausto, anzi lo supplico! Mi trasformo in un felice emulo del beduino anche se, data la mia stazza, non altrettanto elegante.
Ok, il mio XT, grazie a Fausto, è praticamente fuori anche se lo sento asmatico.
Mentre aspettiamo gli altri smontiamo il filtro, ridotto ad un blocco di sabbia, lo puliamo come si può.
La “volpe” riprende vita. Tra una facciata e un’insabbiatura passano tutti. Armati di corde e tiranti e portiamo fuori il TTE di Fausto.
foto 34 -37
Scena biblica. Avete presente quelli che hanno costruito le Piramidi? Non i faraoni, gli schiavi. Abbandoniamo giacche e qualsiasi cosa ci sia di impaccio. Guardiamo i piedi nudi di Bel Ghassim e ci leviamo anche gli stivali. Leghiamo il TTE e comincia il chilometro più lungo della nostra vita. Dopo un’ora siamo fuori. Per fortuna nessuno ha la forza di fare una foto.
Diamo fondo all’ultimo litro d’acqua, un sorso a testa, prendiamo il punto con il Gps, molliamo la moto e si riparte. Bel Ghassim ci indica una piccola costruzione sull’orizzonte come un posto di ristoro. Lascio l’XT a Fausto (sia benedetto!), mi metto la mia “dainese” sulla testa e parto a piedi. Andrea e fausto con dietro Bel Ghassim mi sorpassano, gli altri, stremati, restano fermi. Attraverso una valle in solitudine e nel silenzio. Camminare mi fa bene. Incrocio Andrea che è tornato indietro, mi lancia una meravigliosa bottiglia di acqua fresca. Bevo un sorso di felicità, bagno un fazzoletto e mi tolgo una crosta di sabbia dal viso. Andrea va verso gli altri con due bottiglie ed io continuo camminare. Vengo raggiunto dal gruppo. Sergio mi carica e arriviamo al posto di ristoro. Questo non è altro che una capanna di foglie di palma con il cadavere di una Land Rover a fianco, il tutto completamente abbandonato. Bel Ghassim tira fuori un altro paio di bottiglie, quell’uomo ha qualcosa di magico. Mancano ancora 6/7 km. alla pista. Riprendo la moto ma cado in continuazione, il mio fisico è a pezzi. Sergio mi accudisce e mi consiglia di ridare l’XT a Fausto. Grazie. Arriviamo alla pista, 4/5 chilometri e siamo al “café di Hadij Ibrahim”, Mohammad con i dromedari è già lì da un po’ di tempo che aspetta. Ci guardiamo in faccia e nessuno dice niente.

Douz, noi e la Dakar.
“Café di Hadij Ibrahim”: arrivano due francesi, tronfi di “grandeur” su dei Superteneré ci dicono che sono arrivati da Ksàr Ghilane fuori pista via dune in 4 ore. Non raccogliamo. O sono fenomeni o raccontano palle.
Ci facciamo gli ultimi 35 chilometri di pista, quella che domani mattina faranno i dakariani. Io dietro Sergio e Fausto sempre sul mio XT. Una pista veramente infame e pericolosa, quasi rimpiango le dune, tratti di “toule onduleé” alternati a canaloni di sabbia con mille solchi. Niente di meglio per farsi davvero male. Superiamo i francesi in panne al bordo della strada, una delle loro moto si è spenta e vogliono smontare il filtro dell’aria. Fausto gli gira il rubinetto della benzina sulla riserva, la moto riparte. Quelli raccontano palle.

Siamo a Douz, dopo il deserto ci concediamo al lusso (Hotel Saharienne, 60.000 vecchie lirette a testa con cena, breakfast e piscina riscaldata). Ci siamo già messi d’accordo con Bel Ghassim e un suo amico che ha un pick-up per andarci a riprendere il TTE la mattina dopo. Ma la frizione? Alcune guide tunisine incontrate in albergo ci danno speranza e ci dicono di andare all’officina di Tofijk.
Ok, facciamo il programma per domani: sveglia alle sei, partenza della Dakar alle sette, poi Fausto e Dario al recupero del TTE e gli altri al recupero di una frizione.
Colazione e partenza. Arriviamo all’inizio della pista proprio mentre stanno arrivando i dakariani in trasferimento da Tozeur. Ci mischiamo tra i “marziani”, cerchiamo di fare due chiacchere con Meoni ma ha troppo freddo nelle ossa per badare a noi, miglior fortuna con Sala che è dello stesso paese di Fausto e si conoscono, ci da una “dritta” per la frizione del TTE indicandoci in un tal Habib la soluzione al nostro problema (una bufala clamorosa come vedremo dopo).
Le moto sono all’80% KTM LC8, belle e bestiali con i loro 130 cavalli. Risaliamo il gruppo verso il fondo alla ricerca di qualcosa di più umano. Cominciamo a vedere qualche Honda e un paio di BMW, Yamaha zero! Chiaccheriamo con due ragazzi che corrono da privati aiutandosi a vicenda per l’assistenza. Mi conforto, in loro ritrovo ancora un barlume di spirito atavico e di avventura che i mostri tecnologici hanno completamente distrutto.
Sono loro la vera “Dakar”.
Per la cronaca uno si chiama Astori. Prendiamo nota dei costi di partecipazione: ci vogliono 10.000 euro di iscrizione e 5.000 per l’assistenza logistica (benzina, trasporto ricambi, ecc.) più, naturalmente, la moto e quel che ne consegue.
Iniziano le partenze della “speciale” Douz-El Borma, 285 chilometri che i dakariani faranno in 3 ore e 15 minuti. Meoni è il primo, parte a razzo, in venti metri sarà già a 100 all’ora. Mai visto niente di simile. In trenta secondi è già una nuvoletta di sabbia all’orizzonte. Ci godiamo le prime partenze fino a quando la nostra attenzione è attirata dal piccolo ma grandissimo Pascal Vigneron. Non crediamo ai nostri occhi!
Non arriva al metro e cinquanta e le protezioni lo fanno sembrare più largo che lungo. L’immenso LC8 lo sovrasta.
Innesta la prima e poggia il piede destro sulla pedalina. Via! E’ un vero spettacolo. Apre deciso, si aggrappa al manubrio, seconda e in una scena da rodeo salta in sella con il Kappa che scoda dappertutto. Il nostro cuore è con lui! Sono arrivate le auto (auto per modo di dire). Raccogliamo un pezzo di road book e andiamo a caccia di autografi, ci sono tutti i miti … Peterhansel, Vatanen, Biasion, la tipa che ha vinto lo scorso anno, a guardarla con attenzione è proprio una donna, neanche tanto brutta.
Gallo per deformazione professionale (fa il meccanico, non la spia) si infila sotto le auto, beato lui che ci capisce in quel groviglio di tubi, molle e cose strane. Arrivano anche due mostruosi camion della repubblica del Turkestan, ti fanno paura solo a guardarli.
E’ ora, Dario e Fausto al recupero del TTE, noi a far manutenzione e cercare una frizione.
Seguiamo la “dritta “ di Sala e andiamo nella piazza del mercato. Effettivamente come ci ha detto il dakariano ci sono due bandieroni KTM che sventolano sull’entrata di un negozio. Entriamo io e Andrea e ci ritroviamo in un tipico negozio di souvenirs. Un po’ spaesati chiediamo di Habib. Troviamo suo fratello. Lui non c’è, è a Tunisi e tornerà l’indomani.Come nominiamo Sala ci becchiamo l’immancabile libro di dediche dei dakariani. A Douz sembra sia una tradizione. Qualsiasi negozio, ristorante o pubblico esercizio vanta un’amicizia con uno o più dakariani. Dediche, foto, adesivi sono raccolti in appositi libri che sono messi con pervicace insistenza a disposizione degli avventori che dimostrino una minima relazione con le due ruote.
Telefoniamo ad Habib insieme al fratello e ci promette di trovarci la frizione e portarcela da Tunisi. Continuiamo a non capire il nesso tra meccanica e souvenirs ma usciamo contenti. Torniamo all’hotel. Dove nel frattempo è arrivato il pick-up con il TTE. Gallo apre il carter e smonta la frizione. Su otto dischi sei sono completamente andati.
Nell’ attesa di Habib ferve l’attività di pulizia dei filtri, chili di sabbia si sciolgono al contatto con la benzina. Dario esamina la “volpe”. La ruota posteriore ha un brutto gioco. La smontiamo. Il cuscinetto destro è disintegrato. Nel frattempo si telefona ad Habib. Notizia funesta, per avere una frizione ci vogliono 15 giorni. Con Gallo, la tristezza nel cuore e le mani sporche, andiamo a cercare i cuscinetti per la “volpe” da Tofijk. L’officina di Tofijk non sfugge alla regola dei negozi tunisini. Uno fa il capo, uno lavora e almeno altri due o tre stanno lì e basta, l’officina è un casino invaso da stratificazioni giurassiche di rottami. Chiedo i cuscinetti, Tofijk esamina il campione con aria di chi sa il fatto suo, un aiutante parte per andarli a prendere chissà dove. Intanto ci raggiungono Fausto e Valerio. Mi guardo in giro e una luce mi abbaglia. In una vetrinetta chiusa a chiave vedo distintamente dei dischi che sembrano in tutto e per tutto una frizioneYamaha. Siamo salvi?
Fausto chiede il prezzo con nonchalance. La base d’asta è 180 dinari, esorbitante. Inizia così una lunga trattativa a base di urli, pacche sulle spalle, decisi e non sempre cortesi rifiuti. La frizione è usata, ne rimane un 25% ma è sempre meglio della nostra. Gallo la esamina con attenzione, un paio di dischi non sono della giusta misura. Il prezzo è sceso a 100 dinari (70 euro), in Italia, nuova, costa la metà.
L’aiutante di Tofijk va nel retrobottega e li “aggiusta” a colpi di lima. Siamo alla stretta finale, la frizione ci serve assolutamente, ma 100 dinari sono veramente tanti. Guardiamo tutti Gallo, chiedendogli: “funziona?“ Gallo con perentorio “SI!” mette fine alla trattativa. Tofijk trionfa e noi abbiamo una frizione del c… che se funziona ci consente di continuare. Ormai è buio, andiamo a cena allegri e facciamo programmi: dobbiamo tornare a Ksàr Ghilane a prendere i bagagli. L’ala dura propone di affrontare nuovamente il Big Ben. Io non me la sento. Gallo si esprime con qualche timida perplessità. In due possiamo contare almeno 50 facciate. Un po’ di comprensione … nel caso … propongo di prendere una guida con tanto di pick-up. Intanto domani montiamo la frizione e i cuscinetti, poi si vedrà.
Nel tepore della nostra stanza io e Gallo ci confessiamo a vicenda il segreto terrore di sabbia e dune.

Sveglia all’alba, sostituiamo i cuscinetti della “volpe” e si monta la frizione sul TTE. C…, non va. Gallo tira giù tutto, effettivamente il primo e l’ultimo disco dovrebbero essere diversi dagli altri ma non lo sono. Si torna da Tofijk e si recuperano i dischi giusti. Fausto prova ma è subito chiaro che per il TTE le dune sonofinite. La frizione non reggerebbe. Io e Gallo, ma in segreto anche qualcuno degli altri, tiriamo un sospiro di sollievo. Si torna Ksàr Ghilane via asfalto e pipeline. Partiamo dall’Hotel, facciamo benzina ma ormai è ora di pranzo. Come “enduristi” facciamo ridere, ma se la Dakar si disputasse con le gambe sotto il tavolo avremmo vinto in partenza. Ci fermiamo al ristorante “Alì Babà”, un nome una garanzia. Mi accorgo di aver perso la “fiancatina” destra, torno indietro a cercarla. Non la trovo. Torno al ristorante, mi fermo e per ravvivare i miei compagni mi dimentico di tirare giù il cavalletto. Facciatona clamorosa! I miei compagni tra una risata e l’altra mi tirano su.

Ma già che siamo a tavola parliamo di cibo:
in Tunisia si mangia bene e si spende poco (circa 5 euro per un pasto completo). Ogni ristorante offre le entreé: insalate o “oeuf au brick”, che consiste in un uovo fritto avvolto in una camicia di pastella. Poi la caratteristica “soupe”, ricchi cous-cous e ottime carni arrostite, pollo, agnello, montone. Se volete lanciarvi prendetevi una “kommunia”: fegato e bianco-nero di montone in una salsa speziatissima.
Altro piatto caratteristico è la “petit chevre”, ovvero il capretto alla brace. Noterete molti ristoranti che ostentano un capretto o un agnello appena sgozzato appeso all’entrata del locale e per di più, sotto il povero cadavere, viene legata un’altra bestiola in attesa della triste fine. Non me la sono sentita.

Ritorno a Ksàr Ghilane
Lasciamo Douz sulla statale per Matmatà, incroceremo la pipeline e poi dritti verso sud fino a Ksàr Ghilane.Dopo 30 km. odiamo l’asfalto. All’altezza del “café Tarzàn”, affascinante archetipo di Autogrill troviamo una pista sulla destra. Taglia a sud-est attraverso il “piattone” e dovrebbe portarci a Bir Soltane, la imbocchiamo decisi. Poca sabbia, molto duro. Do liberamente sfogo i miei istinti “insabbiati”, la “volpe” corre veloce, ogni curva, ogni dosso mi fa sentire meglio. Così volevo che fosse!
In un’ora siamo sulla pipeline e finalmente ancora a Ksàr Ghilane. Chissà perché tentiamo ancora un entrata dalla parte del deserto ancora più spettacolare. Partiamo in rapida successione. Sergio, Gallo, Andrea, io e Luca gli altri seguono. Superato un primo tratto Sergio con Gallo e Andrea tentano di infilarsi direttamente nell’oasi. Io mi fermo incerto sul da farsi. Luca mi passa sulla destra affronta una duna di 5 o 6 metri e si insabbia ferocemente. A questo spettacolo seguo Sergio e gli altri e li raggiunto in un grande spiazzo sabbioso con un rudere al centro. Facciamo un po’ gli scemi e Gallo riesce a prendere in pieno un cumulo di pietre. Bella botta! Lo aiutiamo a rialzarsi e usciamo come clown da quella specie di pista da circo. Seguiamo tutti la strada di Luca. Una prima rampa alta e ripida e una serie di dunette in successione da tagliare trasversalmente. Parecchia gente, dall’oasi ci guarda. Miracolo! Vado su come un cammello, non mi insabbio e arrivo alla fine. Mi abbatto stremato e la moto sopra di me. Mi guardo indietro, un macello! Ancora una volta abbiamo dato spettacolo. Dopo un po’ entriamo nell’oasi. Abbiamo riconquistato Ksàr Ghilane e la pozza d’acqua calda. C’è ancora luce e facciamo un giro fino al fortino, i ragazzi si fanno ancora qualche duna ed io me ne sto lì a vedere il sole che scende in attesa che il raggioverde accarezzi quelle dune bastarde ma che ormai amo. Rientro all’oasi, ci siamo meritati la delizia di un altro tuffo.
La mia partenza si avvicina e i ragazzi mi vogliono portare all’asfalto, quindi si decide di andare a Chenini e poi a Tataouine da dove dopodomani partirò da solo per Tunisi. Andremo ad est su una pista dura con poca sabbia, sperando che la frizione di Fausto non si pianti. Ultima notte a Ksàr Ghilane. Ci infiliamo nella tenda e ammiro per l’ultima volta Valerio che indossa la “superpippa” da notte. Un’elegante pigiama/calzamaglia che ricorda l’omonimo supereroe.
Ultimo grande spettacolo di “laser cinese”.
Ci rimettiamo in piedi, qualcuno va a farsi l’ultimo giro sulle dune, io carico con attenzione la “volpe”, lungo le piste siamo riusciti a “seminare” qualsiasi cosa, sacchi a pelo, zainetti, capi di vestiario, anche la guida di Robo Gabr’Aoun (persa tra le dune e mai più ritrovata). Qual è il colore di copertina di una guida del deserto? Sabbia, naturalmente. Se ti cade non la vedi più.
Partiamo.


Verso Tatahouine.
Torniamo sulla pipeline, ci “spariamo una ventina di chilometri verso sud e attacchiamo la pista per Chenini. Piattone seguito da collinette in un misto pietre e sabbia che ti costringe alla massima attenzione. Un lunghissimo rettilineo andiamo sugli ottanta, Fausto è davanti seguito da Andrea, vedo Fausto che si scompone ma prosegue ed alza un braccio.
Vedo Andrea che … no, non lo vedo più.
Rallento e lo vedo steso appena oltre un fosso, diferito c’è solo il portapacchi anteriore e l’orgoglio. Ci infiliamo in una serie di gole strette e ripide colline, la pista si inerpica sui crinali, i panorami sono meravigliosi. Le gole diventano valli e le colline ora sono montagne. Sembra quasi il Gran Canyon. Corriamo veloci sul fondo valle, Dario dice che la direzione è sbagliata, infatti stiamo andando a nord. Siamo all’incrocio con un’altra pista, troviamo dei pastori e chiediamo indicazioni. Ok, è quella.
Passo su una piccola lingua di sabbia e vado giù duro. Belin che botta! Niente di rotto, ma la duna di “topo Gigio” come viene battezzata da Fausto mi è fatale. Un dolore micidiale alla spalla destra. Stringo i denti e continuo.
Percorriamo una vallata meravigliosa, punteggiata da molte piccole oasi verde smeraldo che contrastano con i monti assolutamente brulli, i marroni caldi si stagliano contro il cielo azzurro intenso percorso da grandi e corpose nuvole grigie.
Finalmente un paese: Guermes. Abbiamo “cappellato” la pista siamo venti km. a nord di Chenini ma va bene lo stesso, tra poco incroceremo l’asfalto e andremo a Tataouine.
Entriamo in città quasi al tramonto e come al solito un nugolo di bambini viene a curiosare, sono simpatici e ci chiedono a gran voce l’impennata. Non se ne parla.
La spalla mi fa molto male e non vedo l’ora di fermarmi. Mangiamo un po’ di pane e ricotta, facciamo benzina e andiamo all’hotel Gazelle. Meritato riposo.
Tornando a casa.
Ostento sicurezza ma non sono affatto tranquillo. L’XT ha cominciato a gocciolare olio (si rotto il tubetto diraccordo con il serbatoio), 530 km. anche se su asfalto sono parecchi e la nave parte alle sei di sera, ma anche questa è una prova. Nel freddo del mattino, sono le sei e mezza, saluto gli amici e parto verso nord.
Nel gelo tra Tataouine e Medenine si ghiaccia anche la mia commozione. Arrivo a Gabes e mi fermo in un distributore per controllare l’olio, ho il ginocchio talmente ghiacciato che non riesco a mettere il piede a terra, volo giù sul cemento (sta diventando un’abitudine) i benzinai tra risa sguaiate mi soccorrono. L’olio va ancora bene e riparto. Si è alzato il sole, e la temperatura è accettabile, a La Skhirra devio per Kairouan, mi fermo e mangio un panino, prossimo obiettivo Enfida. Sono a 130 km. da Tunisi. Il cielo è meravigliosamente grande, l’aria nitida come prima di un temporale. Vedo in lontananza, verso Tunisi, nuvole nerissime e cariche di pioggia.
Sterminate piantagioni di ulivi sfrecciano a destra e sinistra. Mi rifornisco a Enfida e faccio quattro chiacchere con un ragazzo tunisino che lavora vicino a Firenze in una conceria. Prendo l’autostrada ma la “volpe” comincia a tossire. Controllo l’olio e prudenzialmente riprendo la statale. Ora il motore gira regolare. Mi infilo nel traffico dei sobborghi di Tunisi, un caos pazzesco e arrivo in centro. Chiedo indicazioni per il porto e mi mandano chissà dove, recupero la litoranea e finalmente sono al porto commerciale. Vado verso la mia nave che vedo laggiù in fondo. La stazione passeggeri si trova su un’isoletta in mezzo a una laguna ed è collegata da un’unica strada. Tra me e lei c’è un braccio di mare. Per fortuna c’è un servizio gratuito di traghetti.In dieci minuti sono all’imbarco. In coda trovo un bel gruppo di moto, sono di nuovo tra amici. Fine della solitudine.
Faccio amicizia con Gigi, un ragazzo di Piacenza che ha un TTR, prima volta in Tunisia e più sfaikato di tutti. Ha preso un facciatone all’inizio della pipeline devastando le sue mani e il TTR, non ha fatto neanche una duna, ma è entusiasta lo stesso … fa parte del gioco …

Dedicato a Gigi. Fine.

https://photos.google.com/?pageId=none


L'autore: Giorgio”GiorgioJr” Bergami (XT 600)

I compagni:
Sergio”Mianda” Bergami (TTE 600)
Dario”Carmi” Carmi (TT 600)
Fausto "L'alpino" Faggioni (TTE 600)
Roberto "Gallo" Galleri (XT 600)
Andrea”Andre” Pregnolato (XT 600)
Valerio "Gaston" Risso (TT 600)
Luca "Camoscio" Viano (TTE 600)
Ultima modifica di doctorluca il 18/11/2017, 12:27, modificato 1 volta in totale.
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Re: 8 YAMAHA in TUNISIA-"Dune Bastarde"

Messaggioda Reds » 25/11/2011, 20:49

:claps: :claps: :claps: :claps: :claps: :claps:
è sempre bello leggere e vedere.....soprattutto ora che sappiamo che la partenza è imminente...
non ci sto dentro.... :onore: :onore:
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Re: 8 YAMAHA in TUNISIA-"Dune Bastarde"

Messaggioda mj » 25/11/2011, 21:59

è bellissimo :)
sembra di sentire la fatica e l'emozione :)
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Re: 8 YAMAHA in TUNISIA-"Dune Bastarde"

Messaggioda doctorluca » 16/07/2017, 15:55

riporto in vita questo post..a favore dei motoadventrrieri nuovi e seminuovi...
leggetevelo..credo che valga la pena...
poi che sia estate o inverno...un po di sabbia non guasta mai....
:mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:
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Re: 8 YAMAHA in TUNISIA-"Dune Bastarde"

Messaggioda Gattun » 16/07/2017, 16:50

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Messaggioda paolo lc8 silver » 16/07/2017, 17:22

Minchia doc io oggi mi sto facendo male su YouTube con il deserto malattia malattia .
Gran racconto Giorgio , grande compagno!!!!!

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Messaggioda fil52 » 16/07/2017, 17:30

Bellissimo..mi ci sono trovato dentro e mi sono messo a ridere...braviiiii!!!!!! In particolare allo scrittore

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8 YAMAHA in TUNISIA-"Dune Bastarde"

Messaggioda Mikifly » 16/07/2017, 21:18

Giorgio, Amico mio.......
Se penso che dieci anni dopo in Tunisia ci siamo andati insieme; che per me che era la prima volta e che ho patito con l'LC8 più o meno quel che hai patito tu, mi consola.
In questo racconto trovo molti degli aneddoti che quando Ci troviamo raccontate.
Anche per me furono nefaste le "dune di Topo Gigio " :lol:
Spero davvero presto di poter tornare a solcare la sabbia con Te, Luca, Sergio e tutta la Compagnia Genovese.
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8 YAMAHA in TUNISIA-"Dune Bastarde"

Messaggioda mariu » 22/07/2017, 20:03

Fantastico racconto che ti fà immergere completamente in questo viaggio, avevo già avuto il piacere di sentire il racconto all'alpi tour e la scimmia di Tunisia è salita sulle spalle e stà bussando nella mia scatola cranica ahahah
Vediamo se il prossimo anno è quello buono


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Re: 8 YAMAHA in TUNISIA-"Dune Bastarde"

Messaggioda spazinfo » 13/11/2017, 10:31

peccato per il link, la pagina non esiste più :(
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Re: 8 YAMAHA in TUNISIA-"Dune Bastarde"

Messaggioda doctorluca » 18/11/2017, 12:32

le ho ricaricate su google..ed ho modificato il link...
ora funziona....
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8 YAMAHA in TUNISIA-"Dune Bastarde"

Messaggioda motardpiero » 18/11/2017, 15:59

Non funziona il link doc...almeno a me...

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Re: 8 YAMAHA in TUNISIA-"Dune Bastarde"

Messaggioda doctorluca » 18/11/2017, 17:05

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Re: 8 YAMAHA in TUNISIA-"Dune Bastarde"

Messaggioda Seven » 18/11/2017, 21:45

Che spettacolo zkn

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8 YAMAHA in TUNISIA-"Dune Bastarde"

Messaggioda paolo lc8 silver » 18/11/2017, 23:43

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Re: 8 YAMAHA in TUNISIA-"Dune Bastarde"

Messaggioda DakFabri » 19/11/2017, 15:04

Davvero :)
Bello bello
"Si va in moto da buio a buio..." dicevi sempre. Quel giorno in Mauritania, il buio e' calato silenzioso. Ciao Fabrizio!
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